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Gruppo Missionario - 16/06/2021
UGANDA: PRO E CONTRO DELL’ESSERE IL PAESE PIÙ GIOVANE DEL MONDO

Purtroppo sembra che al momento universalmente non ci sia altro argomento che il Coronavirus, questo benedetto “coso” che ci intrappola tutti. E così la domanda ricorrente che mi fate dall’Italia adesso che finalmente “tornate a vivere” è: come va in Uganda?

Finora qui ci sembrava di vivere in un’oasi felice giacché è come se il virus non ci fosse e la gente, in barba alle regole, si infischiava di mascherine e distanziamento; niente di preoccupante e i pochi colpiti guarivano in fretta grazie anche alla loro giovane età.

Purtroppo ultimamente ci son stati vari focolai in giro per il paese e la situazione ha iniziato ad essere seria (e perfino drammatica in capitale) tanto che si è deciso di iniziare anche qui un secondo lockdown.

L’Uganda è un paese senza sbocco sul mare e quello che generalmente è un problema, in questo caso è stata una fortuna. All’inizio della pandemia è stato relativamente facile chiudere le frontiere ed isolarsi dal resto del mondo. Pur avendo alcuni aeroporti che connettono ad esempio col Congo e Sud Sudan, praticamente c’è un solo aeroporto internazionale, Entebbe, che a Marzo 2020 è stato tempestivamente chiuso. Quando dopo molti mesi questo scalo è stato riaperto chi vi arrivava era ufficialmente sano, visto che aveva fatto un tampone prima della partenza. C’è stato anche un certo controllo sulle strade che comunicano col Kenya, da cui importiamo parecchi manufatti e materie prime, e con Sud Sudan, Congo, Rwanda e Tanzania occidentale verso cui abbiamo molti prodotti in transito. Sembra però che la maggior causa della diffusione del virus in Uganda sia stata dovuta agli autotrasportatori che passano da un paese all’altro. Fatto sta che per molti mesi le stime si erano assestate sui 300 casi con circa 40 decessi totali. Al 15 giugno siamo arrivati a 63,000 infettati con 434 decessi totali. Davvero un’sola felice se si tiene conto che la popolazione ha ormai raggiunto i 45 milioni di abitanti e abbia un ritmo di crescita vertiginoso. Si sa che non siamo ancora in grado di leggere statisticamente i dati a nostra disposizione per capire di più sul virus, però potrebbe apparire che la popolazione nera abbia, sul virus, una maggiore resistenza dei bianchi.

Venendo da un paese anziano come l’Italia o generalmente dal vecchio (in tutti i sensi) continente, si rimane shockati dalle frotte di bambini e giovani che popolano il nostro paese. All’uscita dalla scuola le strade si animano dei colori vivi delle uniformi scolastiche e sono ingolfate da bambini e ragazzi. E dire che la maggior parte dei giovani non si riversa per strada perché studia nei “colleges” che sono generalmente stanziali. Sembra che l’Uganda abbia il bel primato d’essere il paese più giovane al mondo, dove la media dell’età è di appena 15 anni. Questo fa sì che i giovani siano il 78% della popolazione.

Visto che nella mia vita mi sono sempre dedicato a vario titolo ai giovani, anche nella mia attuale responsabilità di un centro di spiritualità di concerto con la mia comunità missionaria, ho deciso di dedicarmi per quanto è possibile anche alla cura degli studenti di diverse scuole superiori della città di Gulu, capitale del Nord Uganda, dove vivo e opero. Anche qui i giovani dovrebbero essere una priorità.

A questo dato estremamente positivo, fa naturalmente da contraltare un tasso di fertilità che nel passato è arrivato a 6,1 bambini per donna, mentre sembra che adesso sia sceso ad “appena” il 5 %. Nonostante l’impegno profuso soprattutto dalle Chiese in vista di una paternità responsabile, le troppe e spesso troppo ravvicinate gravidanze hanno avuto effetti devastanti su molte donne.

Questo dà un’idea delle enormi potenzialità del nostro paese ma anche di inevitabili fragilità. Una crescita vertiginosa pone grossi problemi alle infrastrutture che risultano inadeguate da troppo tempo. Se gli ingorghi infernali della capitale Kampala sono tristemente famosi, trattandosi di una piccola città con una rete viaria assolutamente insufficiente (e generalmente mal curata), caratterizzata da una guida selvaggia e da un praticamente inesistente trasporto pubblico urbano, da tempo anche il sistema sanitario soffre di carenze croniche ed è assolutamente insufficiente. Le scuole, invece, non mancano anche perché lo studio è diventato (grazie alla mole di popolazione giovanile) uno dei business più lucrativi. Praticamente tutti possono accedere allo studio fino alla sesta superiore, il cui livello dipende da ciò che puoi pagare. Così si passa dall’eccellenza assoluta di alcune (non molte) scuole del paese, situate in buona parte attorno a Kampala, a molte scuole buone e mediocri, fino ad una grande quantità di istituzioni che solo grazie alle bustarelle ricevono il permesso di esercitare; praticamente piccoli tuguri in tutti i sensi. Così qui tutto (educazione e sanità) è purtroppo legato a… quanto puoi pagare. Negli ultimi anni la scolarizzazione ha raggiunto livelli mai visti e anche le ragazze (e questa è una positiva trasformazione epocale) hanno quasi uguale accesso alla scuola. Così si arriva a contare annualmente anche un gran numero di laureati visto che da un’unica università storica della capitale, Makerere, anche le università private sono fiorite ovunque (con la stessa disparità di livello che vale per gli altri livelli di studio…). Così, conseguentemente, si è registrato un vertiginoso aumento esponenziale dei laureati disoccupati, di coloro che fanno “tarmacking” (dalla parola tarmac, asfalto) che non sono giovani impiegati nelle costruzioni stradali, bensì che si danno allo sfinente e avvilente “struscio” sui marciapiedi in cerca di lavoro. Questa insoddisfazione ha dato origine ad un’altra piaga che fortunatamente era sconosciuta nell’Africa tradizionale, quella del suicidio. E purtroppo i suicidi sono anche aumentati tra i genitori che non son più capaci di far fronte alle spese familiari, soprattutto legati al drammatico aumento delle spese scolastiche visto che oggigiorno tutti i figli studiano.

Mi chiedo se il nostro essere salvaguardati dal virus non sia principalmente dovuto a questo sangue giovane che anche se si infetta è forte abbastanza da guarire senza problemi. Lo stesso sangue giovane e la preparazione e l’entusiasmo dei nostri ragazzi sono opportunità uniche che abbiamo ma che certamente non sappiamo gestire generando frustrazione e forse anche disperazione. Questo fa sì che l’aspettativa di vita di 63 anni (donne) e 70 (uomini) possa essere davvero un’esistenza drammatica.

È penoso e umiliante vedere quotidianamente davanti all’ufficio passaporti a Kampala una fila interminabile di persone giovani e giovanissime, perlopiù donne, che aspettano di andare a servire come “badanti” e persone di servizio particolarmente nei paesi arabi anche se il sogno sarebbe d’andare in Inghilterra o negli Stati Uniti. Come succede purtroppo per le nostre badanti italiane, sono persone che lasciano la loro famiglia e figli per mettersi al nostro servizio e con le rimesse dare speranza a chi resta a casa. Purtroppo c’è anche da registrare, in alcuni casi, la violenza sessuale o altro su queste povere donne, esperienze che segnano per la vita.

Spero di non aver dato un’immagine troppo negativa di un paese e di una popolazione bellissima e affabile, viva, vitale e gioviale all’inverosimile che tocca il cuore di chi ha la fortuna di venirne a contatto. Però non possiamo neanche fermarci a contemplare le eccezionali bellezze naturali del paese (anche e soprattutto per questo è stata definita la Perla d’Africa?) e chiudere gli occhi di fronte alle provocazioni reali ed epocali che stiamo vivendo, che pongono sfide non solo alla società ma anche alle Chiese. Uganda, Perla d’Africa, non ha certo perso la sua vocazione ad esserlo, però si deve ammettere che al momento questa immagine è parecchio offuscata, purtroppo.

P Maurizio Balducci Mulèngera


Parrocchia S.Maurizio di Vedano Olona - email: vedanoolona@chiesadimilano.it
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